venerdì 2 ottobre 2009

Altrove...

Non so se sia un qualcosa di innato o qualcosa che pian piano si costruisce dentro di noi grazie all’esistenza, giorno per giorno. Fin da piccolo sognavo già un “altrove”, un posto fantastico, un’isola tutta mia, incontaminata, dove vi erano palme, frutti coloratissimi, animali meravigliosi, tramonti arancio-porpora e soprattutto mare.
Il mio desiderio di evasione dalla realtà, dalla vita di tutti i giorni, si manifestava forse già così, attraverso la fantasia. Da bambini sembra più facile fantasticare; osservi il mondo da un punto di vista diverso e un ricordo, un oggetto, un’ azione, un pensiero ti rimane dentro per sempre, come una sorta di marchio che per te è stato importantissimo in quel preciso momento in cui lo hai vissuto. Sembri ricordare qualcosa di insignificante con incredibile memoria e con una ricchezza di particolari infiniti, rispetto a qualcosa che magari invece pensi dovresti ricordare meglio per importanza, situazioni particolari o vicinanza temporale. Riallacciandomi a ciò che Giovanni dice sul suo blog, parlando del sogno, se non esistono appunto i sogni, se non esiste il fantasticare o la speranza, la vita non avrebbe alcun senso.
La base di tutto quindi sembra essere il sogno (concetto amplissimo dai significati più svariati: speranza, evasione, autodifesa forse).
Qualche anno fa in televisione (la guardo raramente, salvo quando trasmette qualcosa di veramente interessante) stavo vedendo un programma sul mare e, durante un’ intervista, un uomo riportò una frase che diceva di aver sentito da un vecchio subacqueo da apnea, ormai morto, di cui però, purtroppo, non ricordo il nome; l’uomo gli aveva detto “quando un uomo avrà più ricordi che sogni, significherà che sta invecchiando”.
A mio avviso l’uomo sarebbe in grado di non smettere mai di sognare e potrebbe continuare a essere, pertanto, un essere che fantastica, osserva, apprende, provando immenso piacere (proprio come fanno i bambini).
Purtroppo, oggi, la vita frenetica e opprimente delle società moderne sembra sottrarre sempre più spazio al sogno. Sempre più immersi nella monotonia e nel caos distruttivo finiamo per essere passivi e ci accontentiamo di questo vivere, magari riusciamo pure a convincerci che ci piace. Resistono, però, alcune persone che pensano, fantasticano, sognano, e ancora più forte.
Quando fantastico e racconto ad amici o conoscenti cosa mi piacerebbe fare o dove andare a vivere “da grande”, alcuni interlocutori sembrano guardarmi stralunati; “ti annoieresti...”, ”io sto bene così …”, “io non potrei mai…” sono alcune fra le risposte più frequenti.
Non giudico la gente per ciò che pensa ma vorrei che si soffermassero anche un solo istante a comprendere anche il mio pensiero. Rifiutano tutto a priori, come se avessero una sorta di paura per provare a vivere una vita dell’ “altrove”, diversa da quella delle società moderne del mondo occidentale. Forse hanno “paura di sognare”.
Quando visito posti nuovi (ahimè! ho viaggiato pochissimo e mi sono limitato a girare la mia Sicilia a causa soprattutto del lavoro e degli impegni ad esso connessi) riprovo alcune di quelle intense sensazioni che provavo da bambino. Viaggiare e conoscere nuovi “altrove” generano in me curiosità, meraviglia e sensazioni indescrivibili. Da piccoli, forse per una questione biologica di evoluzione del pensiero atto all’apprendimento, siamo più portati a provare emozioni forti e meraviglie per qualcosa; dopo l’adolescenza questo piacere sembra scemare un po’ . Ma anche da adulto se ci si sofferma ad osservare qualcosa attentamente, proprio con gli occhi di un bambino, se si cerca di non marcire dentro un appartamento o dentro ad un’ auto, se si spezza la monotonia della società moderna, se si ha la capacità e la voglia di andare verso un “altrove” , ecco che ognuno di noi riesce nuovamente a percepire e a sentire quelle sensazioni che pensavi fossero morte da tempo. Vi racconto uno degli innumerevoli episodi che mi hanno permesso di sognare, osservare attentamente la realtà di un determinato momento e che adesso porto dentro come qualcosa indelebile, e che mi provoca stupore e piacere immenso ogni volta che provo a ricordarlo, che illumina e riscalda la mia vita come una brace a lenta combustione.
L’anno scorso sono stato seduto per circa un’ ora e mezza e con l’intenzione di provare meraviglia, sui ciottoli di una sponda del fiume Anapo, all’interno dell’omonima riserva naturale della Sicilia; sono riuscito nel mio intento e forse non pensavo di riuscirci così facilmente.
Ho osservato a lungo ed attentamente il fiume, che lento scorreva, ne ho assaporato gli odori, ho bevuto i suoi colori e sfumature di essi, ho sentito e toccato gli infiniti suoni dei suoi animali e delle sue piante. Un bellissimo uccello si è posato a circa 30 metri da me e lo ho osservato mentre immergeva il suo becco nell’acqua piatta, in cerca di cibo; il sole filtrava fra i rami della vegetazione illuminando una infinità di verdi ora vivi, ora scuri, ora opachi, ora lucidi; l’acqua, che scorreva lentissima, rifletteva il cielo, le nuvole e tutta la fitta vegetazione trasformandosi in un immenso e meraviglioso specchio che rifletteva tutto ciò che mi era di fronte; un gigantesco fico selvatico emanava il suo odore selvaggio e come una cupola si posava dolcemente sull’acqua, così da permettere ad un elegantissimo ed incantevole serpente acquatico di trovare un nascondiglio dopo essersi fatto ammirare, per circa un minuto, con il suo nuoto tranquillo e straordinario; ero avvolto dall’odore dei licheni, del muschio, dell’umidità, della terra e a pochi metri da me, sott’acqua, riuscivo a vedere il lento nuotare controcorrente di alcuni pesci di acqua dolce piccoli e grandi; sotto un ramoscello con delle foglie, ormai sottacqua, notavo per la prima volta nella mia vita un granchio di acqua dolce. Ogni tanto le foglie degli alberi, ad un leggero soffio del vento, sembravano bisbigliarmi il loro piacere di fare parte di questo insieme incantevole e ognuna aveva una voce diversa a seconda dell’albero o della pianta di cui faceva parte.
Su un ramo di un albero sopra la mia testa notai, grazie anche alle urla della mia ragazza che spezzarono questo momento paradisiaco :) , un topo grigio che sembrava ferito sul collo, ma che era riuscito a scappare da un qualche predatore che pochi minuti prima aveva smosso la vegetazione a noi vicina.
Questo è solo un piccolissimo resoconto delle innumerevoli sensazioni che ho vissuto in un arco di tempo molto ristretto (ma che magari potrebbe essere considerato lunghissimo dalla gente comune, visto che stavo seduto “senza fare niente” in riva ad un fiume) e in cui, se ti fermi ad osservare meglio la natura, riesci a far tue delle cose meravigliose che altrimenti avresti perduto. Innumerevoli sensazioni che puoi provare anche vivendo un luogo alle prime luci dell’alba…luogo che la gente comune non saprà mai come è fatto in quelle ore della notte e del giorno, e in molte altre maniere ancora.
L’altrove puoi ricercarlo sempre, ma solo se tu lo vuoi; è più facile e forse più bello ricercarlo in posti nuovi, che non hai mai visto, e che sono lontani dalla vita e dai luoghi di tutti i giorni. L’altrove puoi ricercarlo in tanti modi, ma quello che preferisco è starsene immerso nella natura osservando, fantasticando e fondendoti con essa.
A coloro che mi danno e che mi daranno sognatore, del bambino, del pazzo, forse del romantico, come al mio amico Giovanni, guarderò con una sorta di distacco ma anche di piacere. Una frase che dico sempre agli altri, una massima da me inventata (almeno, spero non la abbia detta mai nessuno, se no che bella figuraccia!), è : “Ho provato ad essere uno qualunque, ma non ci sono riuscito…”.

Gianluca Albeggiani.