venerdì 21 ottobre 2011

Fratelli

Per ora per me non è un periodo semplice.

Sono in una fase della mia vita in cui tante certezze sono venute meno, per varie ragioni.

Forse sono da sempre stato una persona poca preparata per affrontare la realtà e troppo concentrato sui sogni, sulla prospettiva dell’altrove, del superare ad ogni costo il limite.

Adesso invece la realtà mi sta facendo vedere tutto il suo vero volto.

E’ difficile essere forti, ostinati ad inseguire sé stessi, non cedere, continuare a credere nei propri sogni, a non avere paura, a non farsi condizionare dalla maggioranza, dal vento che tira attorno a te.

E’ difficile restare integri, fedeli ai propri sogni, continuare a coltivare ognuno di essi e pensare che solo la capacità di sognare mi ha alimentato finora come energia vitale; solo la capacità di sognare mi ha consentito di essere diverso e di considerarmi una persona speciale.

I sogni vanno difesi, protetti, non vanno lasciati alla mercé di tutti, di un mondo troppe volte cinico, crudele, passeggero, ostinatamente rivolto al profitto, al guadagno, al vantaggio personale.

Sto vedendo attorno a me, in questo nuovo mondo da adulto, troppo egoismo, opportunismo, falsità. Non ero preparato a questo genere di mondo.

Ogni bugia, ogni menzogna porta a qualcuno una moneta in più ma a me porta ancora più dolore nel vedere che siamo sempre pochi a credere nel rispetto, nella lealtà, nell’amore per gli altri.

Io non posso cambiare, non voglio e non riesco a cambiare. E questa resistenza mi produce dei costi, mi crea dei problemi. Perché il mondo lì fuori è diverso da me; è un mondo fatto di pioggia e fango che prova ogni giorno a travolgerti, a farti cadere.

E il crine sottile su cui continuo a volteggiare è sempre lo stesso; perennemente in bilico tra il sentirmi fieramente ed ostinatamente diverso e il considerarmi inadeguato, non attrezzato di fronte ad un mucchio di gente che vuole solo celebrare ogni giorno il rito della guerra e del denaro.

In questa realtà che uccide i sogni c’è una sola parola alla quale possiamo restare ancorati per salvarci, per tenere indenne il nostro rapporto sincero con gli altri. E quella parola è fiducia.

E’ la fiducia che salva l’umanità perché mantiene vivo il legame intimo fra gli essere viventi. E’ la fiducia che consente ad ognuno di noi di abbattere gli steccati di solitudine che la legge del più forte impone ad ogni debole di erigere contro la propria volontà.

E’ la fiducia, è solo la possibilità di avere fiducia in qualcuno o qualcosa che alimenta la vera speranza.

La speranza che non valga solo la legge del più forte, la legge del taglione o quella del Dio euro - dollaro - sterlina.

La speranza invece è che esista, in una piccolissima parte, anche la voglia di costruire e praticare concretamente la legge dell’aiuto ai deboli, la legge del perdono verso chi ti ha creato del male, la legge del dare solo per far felice qualcuno o per alleviare il dolore di qualcun altro.

E’ davvero un desiderio così assurdo? E’ davvero una cosa così retorica?

Io non ci credo perché altrimenti non ci sarebbero il vuoto ed il senso di solitudine che molti di noi hanno quando, per un istante, a bordo di questa macchina impazzita senz’anima, si fermano e cominciano a pensare a quello che potrebbe essere il mondo in cui viviamo e che, per ragioni che non riusciamo a risolvere, ancora non è diventato.

Eppure la vita è una sola. Una sola, unica, irripetibile fase di esistenza.

Ed il tempo che abbiamo è solo questo; è quello che passiamo qui, in questa vita.

In un modo o in un altro, questo è il nostro tempo. Forse troppo corto, insufficiente; dipende dai punti di vista.

Eppure è un tempo in cui possiamo essere tante cose; in teoria, tantissime cose diverse fra loro.

Eppure annulliamo, noi stessi, le nostre possibilità ostinandoci a non voler cambiare il mondo, a non voler mutare un corso di cose che sembra sempre uguale, immutabile; composto di leggi che mettono sempre l’amore, il rispetto, l’altruismo, la solidarietà al secondo posto.

Eppure io dico che la sensazione più profonda che l’essere umano è in grado di provare, nelle sue manifestazioni più elevate, è proprio la partecipazione al dolore degli altri.

Il sentimento di condivisione del dolore degli altri è l’esperienza più importante di una vita intera ed è ciò che elimina, per un istante, il senso di inutilità che ingombra i respiri delle nostre giornate nei momenti di minore spensieratezza.

Se volessimo astrarci un attimo dalla sfera infinita dei nostri bisogni, dalle mode veloci della nostra società, dall’istinto di vedere gli altri come strumenti di soddisfazione di un piacere solo nostro, potremmo elevarci, diventare liberi dalle nostre inutili e piccole pulsioni ed entrare in comunione profonda e radicale con la vita intima di tutte le persone che ci passano accanto ogni giorno.

Eppure gli essere umani, nella nostra società, nella società in cui viviamo, sono oggetti, come i vestiti, le scarpe e le macchine ed il nostro bisogno di sopravvivere e di prevalere ci fa dimenticare che l’origine stessa delle nostre mancanze ed insoddisfazioni risiede nell’incapacità di togliere ai nostri simili l’abito di semplici oggetti per ridare loro la veste giusta, quella che li rende uguali a noi.

La veste che fa di me, che scrivo, un essere umano e di quelli che mi stanno attorno, nel bene e nel male, i miei fratelli.