lunedì 28 maggio 2012

I volti nuovi di Palermo

Avevo svolto queste considerazioni prima delle elezioni, a bocce ferme.
Adesso le pubblico a competizione elettorale conclusa.


Il momento del voto per Palermo sarà un momento determinante per i prossimi anni nella vita di questa città. 
E', forse, il momento di unire davvero le divisioni, gli antagonismi culturali, le appartenenze e gli interessi personali per guardare in modo sistemico la realtà in cui viviamo.
Palermo è una città senza cuore, senza teste, senza identità. Questo è noto. E' una città nella quale ogni incarico od ogni scelta di partito segue logiche di parentela, di affinità, di corruzione, di clientelismo. E' una città senza spina dorsale, senza dimensione collettiva perchè è una città non-città dove oguno si sente padrone del proprio pezzo di terra e, al contempo, accetta serenamente di vivere in un luogo che non è, in realtà, di nessuno. In questo modo, in questa prospettiva le cose pubbliche diventano oggetto di uso privato quando il privato è più forte e può trarre da queste vantaggi (appalti, nomime, consulenze, incarichi prestigiosi); le cose private si confondono con quelle pubbliche quando chi detiene queste cose private le detiene proprio in virtù del proprio ruolo pubblico, del proprio pezzo di potere, del proprio pezzo di città riconvertita a proprietà privata. Allo stesso tempo, quando una cosa è pubblica ma non dà vantaggi bensì solo problemi, essa è lasciata al suo destino di declino. La città è sommersa dai rifiuti, la città è in mano alla corruzione ed alla mafia ma i palermitani continuano a pensare che, in fondo, questo non sia un problema loro, proprio perchè questa parte - negativa, svantaggiosa - della città non li riguarda in quanto non è di loro proprietà. Ed allora in questo gioco confuso in cui cose pubbliche e cose private in questa città si scambiano i ruoli costantemente ed in modo reciproco le elezioni diventano il momento in cui, forse in modo particolarmente banale ed evidente, si consolidano le alleanze per le prossime contrattazioni tra cose pubbliche e cose private. Penso già in questo momento a quelli che in questa città un posto sicuro ed intoccabile lo hanno trovato, grazie ad influenze, amicizie, accordi. Queste persone diranno che non bisogna stupirsi della negoziazione pubblico-privato e faranno vedere, al contempo, con ironia e superficiliatà che non bisogna mai stupirsi perchè non si sa mai abbastanza di come vanno realmente le cose. Ma quale è il livello massimo dello stupore? Fa ridere vedere che in questa città la competenza non ha peso e che, cambiando i nomi ed i tempi, la pratica è sempre quella della cementificazione di gruppi più o meno piccoli di potere sociale? Fa ridere vedere che non c'è nessuna serietà da parte di rampanti candidati nel proposta dei futuri amministratori della nostra città in caso di esito positivo alle consultazioni elettorali? Fa ridere accorgersi che non c'è nessun rispetto e nessun limite al tentativo di far accettare come normali cose che normali non sono? Fa ridere vedere che in questa città se prendi una qualsiasi zucca vuota e gli metti una giacca ed una cravatta in un attimo, per magia, con tale solo processo di vestizione tale soggetto diventa esperto in qualcosa e pronto a fronteggiare seriamente le sfide che l'amministrazione di questa città avrà di fronte già dai prossimi mesi? No, noente di tutto questo fa ridere. E' tutto tremendamente vero ed è tutto tremendamente serio perchè fa sorgere un senso di inesorabilità, di vincolatività, di impotenza che certamente affligge chiunque abbia l'onestà di esaminare le cose nel profondo. Non ragiono per colori, non investo su uno schema ideologico. Cerco, come tutti, di osservare, leggere fra le righe e mettere anche le mie idee in discussione. Penso, tuttavia, che alla tolleranza ed al rispetto delle scelte e delle idee degli altri ci siano dei limiti che sono imposti, in primo luogo, del rispetto verso sè stessi e, nel caso specifico, verso il senso di vivere in un luogo anzichè in un altro. Vivere in un luogo non è solo abitare una casa, comprare il pane, pagare le tasse, buttare la spazzatura, prendere un autobus, vedere una mostra, passeggiare in una strada illuminata, sedersi alla panchina del giardino pubblico. Vivere in un posto significa sviluppare un senso forte di appartenza e di comunità verso tutte queste cose banali e verso il luogo in cui esse si sviluppano. Dare un senso a questo, non sentirsi estranei in casa propria impone di non subire tutto quello che accade come inevitabile, impone di non accettare tutte le lezioni su come funziona questa realtà che vogliono darci proprio tutti quelli che non hanno nessun interesse per il bene comune e che mirano solo a giustificare il sistema dele clientele per legittimare le proprie personali clientele, presenti e future. Cambiare la politica non è candidare persone giovani in quanto giovani. Cambiare la politica è selezionare persone capaci, dare valore alla competenza, al merito, alla storia di una persona. Tuttavia, continuo a vedere che questa città non impara nulla, non ha memoria della propria storia. Andando di questo passo tra vent'anni ci proporranno i nipoti delle dinastie di famiglie ed individui che da sempre continuano a gestire -malissimo - le sorti di questa città. Bisogna votare e proporre gente nuova. Non nuovi figli e nipoti ed amici di gente vecchia.
Andando più nello specifico, voglio dire due parole su una vicenda che mi sta molto a cuore: la vicenda Orlando. Benché rispettoso della buona fede di quelli che lo sostengono e che lo voterrano, mi sembra chiaro che questa discesa in campo farà il gioco - proprio in termini banalmente numerici - della coalizione che ha dsitrutto questa città per dieci anni e che, adesso, per lavarsi colpe e responsabilità, sa solo prendere le distanze da un solo uomo - Diego Cammarata -, come fosse unico centro di imputazione del dissesto che è sotto gli occhi di tutti. Il monento del cambiamento è adesso e questo è il momento in cui le divisioni, le diversità ideologiche e culturali andrebbero poste da parte per assumersi la responsabilità del futuro. La crisi ci travolge e la nostra città è sul punto del non ritorno da molto tempo. E' necessario uno scatto di orgoglio e di senso di responsabilità. E soprattutto è necessario non ascoltare, almeno in questi mesi, i Soloni ben vestiti, furbetti e sorridenti che vogliono sempre insegnarci la lezione, che vogliono dirci che non capiamo niente, che "se sapessi quello che fanno a sinistra" etc. etc. etc. solo per legittimare una situazione culturale che, sicuramente, fa comodo a pochi e non crea benessere diffuso ma solo consolidamento di uno stesso identico establishment. Io non amo essere preso per il culo ed a Palermo ogni volta che spunta una faccia giovane non basta mettere giacca e cravatta per dire che si sta cambiando la politica. Ci vuole onestà intellettuale e senso di responsabilità. 
Questo non vuole essere uno spot elettorale per una parte, soprattutto perchè - come direbbero ancora i Sololni che tutto sanno e tutto vedono - io sicuramente, come tanti, cado nel gioco delle asimmetrie informative. In tutta onestà, penso che non votare Ferrandelli a queste elezioni significhi solo non ricordarsi degli anni che abbiamo vissuto finora, non rendersi conto di come il centro-destra abbia ridotto la nostra città, non avere interesse di ciò che potrebbe accadere oppure significa, per alcuni, avere vantaggi concreti da un esito elettorale diverso. La storia di un posto può cambiare, soprattutto quando - come dice un vecchio ritornello - più scuro di mezzanotte non può fare.
E, tuttavia, onestà ne vedo davvero poca in giro. Ma davvero pochissima.

Nessun commento:

Posta un commento