venerdì 25 febbraio 2011

Sogni di Bunker Hill

Le mie difficoltà, le difficoltà in cui a volte precipito nascono dai miei sogni.
La realtà in cui mi trovo a vivere impone continui compromessi, un adattamento costante.
Vorrei trovare la forza di essere me stesso. Costruisco difese attorno a me, barriere per controllare razionalmente il mondo, evitare di essere preda delle cose, tenere distanza dalla vita.
Ho costruito un muro tra me e il mondo. A un certo punto avevo troppa paura di soffrire e allora ho cominciato un pò per gioco, un pò per sfida, un pò alla fine per abitudine a vivere così. A stare lontano, a tenere a bada le cose.
Non so come sono entrato in questo gioco ma adesso è diventato qualcosa di forte.
La verità è che anche io, come alcuni miei amici molto sensibili, guardo troppo la vita. La guardo passare come un treno che sbuffa lento nella pianura e mi piace sfiorare quei piccoli lembi di fumo che si lascia dietro. Mi piace guardare i passeggeri che stanno nelle loro cabine.
Una volta però volevo di più, volevo riempire questa pianura di gente, pensavo che sarebbe stato semplice. Bastava solo dire quello che pensavo e tutti sarebbero stati con me. Con il tempo mi sono accorto che crescendo devi imparare ad indossare gli abiti giusti, gli abiti della festa, quelli dell'incontro formale, quelli della cordialità, quelli della simpatia. Ma nessuno di questi abiti è mai stato per me della misura giusta.
Eppure le volte che ho gettato i miei abiti via mi sono mostrato nella mia nudità e la gente non sempre mi ha voluto, forse non piace la sincerità, forse la sincerità sembra qualcosa di indiscreto.
Allora, il mio cuore di bambino si è stancato di mostrarsi nudo ed ha iniziato a fingere. A fingere di essere simpatico, cordiale, a modo, pensando che nella mia pianura avrei continuato a restare da solo o al più con pochi amici.
Oggi sono sempre più convinto che le nostre storie, le storie di ognuno che si incrociano nelle emozioni, attimi, momenti che sembrano poter durare a lungo e ci fanno sentire vivi, in realtà, sono per lo più la proiezione dei nostri abiti e di come gli altri vedono quegli abiti. Troviamo uno sguardo che si mostra amico, incontriamo una donna che dice di apprezzarci, intratteniamo una brillante conversazione su temi elevati, eppure in qualche modo ci sentiamo lontani da tutto questo. Nonostante abbiamo riempito la nostra serata di parole, di sguardi, gesti, forse anche qualche bacio, appena posiamo le nostre vesti sulla sedia, non restiamo che noi, privi di niente altro che della nostra mancanza.
E le relazioni tra persone funzionano per lo più così; i rapporti vanno avanti inconsapevoli di quale sia realmente il loro senso oppure consapevoli ma nella amara finzione del loro valore.
Tanta gente sopravvive a questo, vive nell'immediatezza del momento, colleziona attimi dietro attimi pensando così di riempire un'esistenza di tracce di vissuto. Eppure, pensando a queste cose io sento solo disagio, mi sento lontano dalla felicità, dalla verità.
E la mia difficoltà nasce dal fatto che io sogno. Sogno persone che possano vedermi nel profondo, sogno parole che aprano il cuore della gente, oltre le loro vesti, sogno che la gente scenda dal proprio treno rombante e indaffarato e si fermi, tranquilla, sulla mia pianura.
Molti rapporti, in definitiva, mi stancano, aumentano la mia solitudine, imponendomi di restare nella mia pianura.
Ogni tanto cerco di lanciare parole che possano aprire lembi profondi nella pelle della gente ma molti hanno paura di parlare. Molti preferiscono intavolare discorsi sul lavoro, lo studio, i progeti di vita anzichè condividere i loro dubbi sulla felicità che non riusciamo a trovare e sui sogni che davvero ci portiamo dentro costantemente, quando a notte fonda siamo soli in una stanza e non riusciamo a dormire.
Non so se sia colpa della società globale se i nostri sogni siano destinati a restare confinati nella solitudine, non credo che in altri tempi i destini dell'uomo fossero diversi. Sicuramente però la nostra società, quella in cui viviamo, non vuole un uomo sognante e la gente non è portata a parlare dei propri sogni con la stessa serietà di altri argomenti. La nostra società è produttiva, circolante ricchezza, fagocitante risorse verso obiettivi non discutibili: la carriera, il successo economico, il potere, la rispettabilità secondo status sociali. In questi parametri i sogni sono un elemento destabilizzante perchè aprono lo spazio dell'anarchia individuale. Se le persone invece di ansimare dietro modelli di confronto predeterminati solo per avere consenso, appoggio, aprissero di più il proprio cuore mettendo sul tavolo di ogni discorso i propri sogni avremmo una società meno rigida, forse più caotica ma piena di una grande energia positiva che avvolgerebbe tutti.
Invece le persone per lo più purtroppo rinunciano alla fantasia, si omologano, si conformano a più livelli: nei discorsi, nelle relazioni, nelle manifestazioni del proprio pensiero. Liberare all'esterno i propri sogni potrebbe portare ad una umanizzazione di ciascuno di questi profili.
Il sogno anche nella dimensione di confronto, di relazione più banale ci fa sentire per quello che siamo, esseri votati all'empatia, e rende prezioso il singolo momento di vita che sta scorrendo.

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